Collettivo Loredana intervista: Francesca Sandroni

Quando abbiamo conosciuto Francesca, un po’ così a caso come capita adesso, ce ne siamo subito innamorate. Prima, del suo modo di fare musica e poi, senza remore, della sua personalità. Artista multiforme e donna entusiasta, coinvolgente, empatica. Su di lei e la sua musica nasce uno dei nostri progetti più cari, Linguaggi Possibili. Presentare il suo album, Intimo Urbano ci sembra doveroso ed è in più un onore per noi dare spazio a questa incredibile persona.

Questa che segue è una non-intervista, un non-articolo. Quando le ho fatto due domande, chiedendole di parlarmi un po’ di lei e di questo album, ho ricevuto come risposta un flusso di pensieri che non può essere tradotto, e che riporterò così come è, praticamente. Così come è la Franca: inesorabile.


La Sandroni nasce come cantautrice musicista, il suo approccio alla musica e’ di tipo tradizionale, ha suonato per anni in un gruppo rock prog, new wave e le sue radici sono tra mixer, chitarre e studi di registrazione analogici, dove ha iniziato ad amare la produzione musicale. “Sin dall’adolescenza ho registrato con i tascam analogici multitraccia  passando per primi software audio ai tempi rudimentali, era una stranezza in quegli anni una ragazzina nel mondo degli uomini”. Successivamente inizia a cantare come turnista e registrare in studio per varie esigenze (spot, cinema, dischi di altri musicisti), collaborando anche con studi e teatri.

“Ho cantato con e per Bobo Rondelli nel disco “Onde Reggae” e ho seguito il tour, per passare a altri gruppi fiorentini in voga negli anni 2000 e ho partecipato a diverse  produzioni dance, house…altri tempi!”. Ha continuato come sound designer, mescolando strumenti diversi, da modulatori a software vari, campionando suoni esterni, insomma sperimentando qualunque cosa producesse rumore e strizzando l’occhio verso la Musique concrète ed esperienze espressive diverse: performance, video installazioni..”fino ad approdare verso il mio fedelissimo Buchla, un modulatore degli anni 70;  L’organella e’ l’altro mio compagno fedele: un arpeggiatore digitale per me insostituibile.”

Negli ultimi anni lavora a diversi progetti mirati all’arte contemporanea insieme all’amico Robert Pettena, come “Politics of Dissonance” per Manifesta Palermo, “Grotesques Games” per il Macro di Roma o “Voodoo Child”, performance sonora per OULO Music Video Festival in Finlandia. E poi ancora, insieme a Zoya Shokoohi, performer iraniana ha realizzato, in Iran, “This sculpture has no base”, performance sonora per una galleria gestita da donne, “un’esperienze incredibile e difficoltosa perchè al limite del legale: in Iran le donne non possono suonare musica non tradizionale, e il tutto è coinciso in un momento di manifestazioni e con l’uccisione di Soleimani”.

Successivamente si è cimentata in qualche esperienza di colonne sonore per documentari e  da anni insegna graphic design e audio e multimedia.

E Intimo Urbano?

Intimo Urbano nasce come una raccolta di musiche realizzate per le performance nelle gallerie e poi ampliata grazie ai lavori successivi prodotti nell’intimità del suo appartamento.“I brani “Buchla solo”, “Blue April” e “Almost B” sono realizzati con il Buchla. lo amo perché produce favolosi arpeggi, lo definirei un’arpa digitale dal suono deciso ma dolcissimo, Il canto delle sirene, l’incantatore dei marinai.. Suzanne Ciani e’ stata la donna del Buchla simbolo dell’emancipazione femminile sonora elettronica un ruolo sempre delegato agli uomini”

“Sono nata  a metà degli anni 70 in provincia di Pisa  a Pontedera, la vera “provincia cronica” (quella delle vespe) ma mi sono  trasferita a Firenze per studiare all’Accademia di Belle Arti. Probabilmente  l’industria  e l’acciaio mi sono rimasti dentro e non a caso “Steel” (che significa appunto acciaio) e’ un brano che fa parte dell’album. Un pezzo dal ritmo serrato con campionamenti di produzioni musicali futuriste di Russolo. Ho sempre avuto una fascinazione per le pungenti sonorità meccaniche, per la poesia, l’armonia che si nasconde nella serialità dei loop infiniti e quindi per i ritmi spigolosi della new wave come i Siouxsie and the Banshees, gli Smith e i New Order. Tutto questo in forte contrasto o in strana sintonia con l’adorazione per le  meravigliose sinfonie cinematografiche. Mio padre da bambina mi metteva accanto a lui e mi faceva guardare a raffica tutti i film della sua generazione. Credo che sia nata lì la mia passione per le pellicole d’autore italiano degli anni 60 e i suoi compositori: Ortolani  Travajoli, Morricone, Umiliano, Bacalov. Ogni volta che sento quelle musiche mi ricordano l’amore…e mi struggo!”

“Tracce che passano da atmosfere elettroniche e astratte come “Esodo”, “Zz-Cri” o “Il Ritorno della pellicola” a momenti più’ eterei come in “Cosmic consciousness”, “Arrivederci”, “Trasparente skin”, “Keep rolling”  fino ad arrivare  all’house come in “Love is all “o “Hollywood”. Tracce realizzate con software e modulatori che in versione live sono integrate con innesti di frasi di film, spot, interviste, come nel caso di “Estero”, dove la voce di Monica Vitti e Alain Delon, dal film L’eclisse di Antonioni spiegano il senso di estraneità’ e di incomunicabilità nelle relazioni.”

“Definirei parte delle musiche realizzate come dei “non finiti”, degli irrisolti, proprio perché non vogliono essere chiuse, concluse, definitive ma in tensione, in sospensione. Intimo urbano è un contrasto tra la crudezza della musica elettronica e una malinconica sinfonia di un film retro’. Un’intimità macroscopica. Il fragile equilibrio del vivere tra l’essere singolari, interni e la pluralità informe, confusa accattivante  di ciò’ che è fuori. L’ intimo pudore astratto del se’, protetto nel proprio appartamento e disperso nei tagli clinici delle planimetrie urbane.”

Non potevo mettere del mio in queste parole. Posso solo ascoltare e condividere e immergermi in queste sensazioni. Buon ascolto.