Music, not gender!

di Caterina Panesi | Baud


Il gap di gender nel campo della produzione musicale e artistica in generale è un tema ormai sempre più diffuso e affrontato in tutto il mondo, un campo denso di domande irrisolte e incongruenze, tutte legate alla battaglia per l’emancipazione femminile e il raggiungimento di una parità di genere sostanziale. Questa discrepanza affonda le sue radici nello spartiacque che in tutto il mondo del lavoro impiega le donne per una paga inferiore rispetto agli uomini, a parità di mansione, senza contare il lavoro di cura non retribuito svolto tra le mura domestiche, con prole a carico o meno.Se partendo da questo consideriamo il percorso tortuoso, precario e troppo spesso sottopagato di chi intraprende la carriera da producer, dj o altre occupazioni dell’ambito artistico, la faccenda diventa ancora più specifica e complessa.


Quando mi sono trasferica a Berlino, circa 4 anni fa, e ho iniziato a lavorare per il Fusion Festival, sono rimasta impressionata dai dati che circolavano: si diceva che solo il 10% di dj in tutta la Germania fosse donna. E addirittura mi sono ritrovata fra le mani contratti di dj uomini nei quali c’era la clausola per cui avrebbero accettato di suonare a festival in cui le lineup non fossero composte almeno da un 10% di donne. Questo significa che esistono festival con lineup INTERAMENTE maschili?! A quei tempi non mi ero ancora confrontata con questa tematica e mi sembrava strano che ci fosse questo divario in un paese che percepiamo all’avanguardia, soprattutto per la musica elettronica. Più tardi, entrando in contatto con le prime colleghe dj che mi parlavano di portali come female:pressure (consiglio vivamente di andarlo a ricercare), e azioni contro certe attitudini sessiste nel mondo della musica elettronica, mi resi conto che l’argomento era molto più complesso di quello che pensavo.

Nella tabella qui sotto viene riportata la percentuale di donne invitate a suonare in cinque celebri club europei nel 2019. Il Berghain sembra essere in testa, ma comunque resta sempre molto basso il numero di donne chiamate, e soprattutto non ancora lontanamente alla pari degli uomini.

In quest’altra tabella, invece, viene riportata la percentuale di brani prodotti da artiste femmine su due music store digitali famosi, Beatport e Juno, dal 2016 al 2019.

I dati riportati riguardano le top-chart delle categorie “techno” e “minimal”. Si nota che le donne sono ancora troppo poche e troppo poco rappresentate dai due siti. La domanda posta più frequentemente è: non ci sono quindi abbastanza donne che si cimentano nella carriera di dj e producer?

Dalle varie letture e ricerche di articoli che trattano questo argomento emerge quanto sia difficile dare una risposta definitiva a questa domanda. Si dovrebbero fare studi più approfonditi sia a livello globale, sia di strategie di marketing. Ad esempio andrebbero analizzate tutte le agenzie di booking, cercando di capire quali sono i trend, perché non basta sapere il numero di donne in un’agenzia, ma si dovrebbe capire se vengano o meno fatte emergere rispetto ad altri artisti uomini. Andrebbero inoltre fatte ricerche su artiste presenti in etichette discografiche, in festival, in eventi in spazi alternativi (spesso difficilmente rintracciabili), e servirebbe uno studio più sistematico per poter arrivare a fare affermazioni più precise a livello globale.

A Berlino ho avuto la fortuna di attraversare spazi che cercavano di contrastare sistematicamente queste problematiche. Al Mensch Meier, ad esempio, un locale berlinese nato circa 5 anni fa, la crew e la line up sono volutamente composte per metà da uomini a per metà da donne. Una volta a settimana ci si riunisce e, se ci sono delle incomprensioni, se ne parla e si affrontano in gruppo, cercando di superarle. In questa modalità, dj e producer donne emergenti non devono faticare per creare spazi dove potersi esprimere, mentre troppo spesso proprio le stesse donne promoter non percepiscono le potenzialità della creazione di un certo tipo di situazione, anzi, credono che favorirla contribuisca a ghettizzare, a incrementare esclusivismo, piuttosto che liberare desideri e creatività.


Per me la musica è di tutti, non ho mai visto differenze, ho tanti amici musicisti sia maschi che femmine con cui ho avuto il piacere di collaborare e che mi hanno fatta crescere. Eppure percepisco ancora una forte diseguaglianza. La collaborazione (e ancor prima amicizia) tra colleghe e colleghi in questo ambiente dovrebbe essere centrale, visto che l’arte e la creazione dovrebbero liberarci e non solidificare ruoli di genere imposti dalla società dei consumi, che peraltro è stata capace di assumere larga parte del movimento della contro-cultura legato all’espandersi della musica elettronica dopo il 1989.

Cercando di alleggerire: si dovrebbe iniziare a suonare in una cornice di gioco e condivisione, per poi professionalizzarsi mantenendo questo spirito. E dovremmo tutti lavorare a questo modello di relazione sociale. MUSIC, NOT GENDER. Basta separare!In Italia il terreno è fertile e c’è ancora molto da costruire rispetto ad altri paesi. Questo è bello ed eccitante, ma non bisogna mai perdere d’occhio la generosità e la collaborazione.

Bisogna cercare il più possibile di far rete per far fronte alle fatiche di un lavoro mal retribuito, discontinuo, ondivago e per costruire un’identità solida, contrastando il forte sessismo radicato nella nostra cultura (quanto il razzismo).Per concludere, a volte mi sono chiesta “ma se fossi stata un uomo mi avrebbero trattata allo stesso modo? Avrei incontrato le stesse difficoltà? Saremmo potuti essere amici io e quel collega?”. Adesso non me ne importa un fico secco perché in ogni caso, citando Lilli Gruber, voglio il potere (inteso come quello decisionale, necessario a cambiare delle cose) e poi voglio anche… le rose!

Fonti e approfondimenti:
· Women DJs Take on the Techno Boys’ Club by Jordan Huelskamp
· Arriva in Italia il movimento contro il sessismo nell’industria musicale by She So Said
· ‘Assurance’ è il documentario che racconta perché ci sono poche DJ donne by Celine Angbeletchy
Finding New Idols: Heroines of Sound Festival at Radialsystem by Johanna Hardt
· PRIZM:Berlin        

  
Portali consigliati
FEMALE:PRESSURE  
Shesaid.so Italy 
Griot

Baud, al secolo Caterina Panesi, è una DJ e producer di origini italo-tedesche, trapiantata a più riprese a Berlino dove attraversa la scena musicale elettronica, e non solo, per arrivare a comporre i suoi set, variopinti e evocativi. Originaria di Pisa, Baud gravita principalmente nella sua città natale e la capitale tedesca, dove ha vissuto per molti anni, partecipando attivamente alla ricchissima vita culturale berlinese e lavorando a celebri festival, come il Fusion. Nel 2015 si è guadagnata il ruolo di resident all’ Eschschloraque Rümpschrümp, confrontando la propria creatività con quella dei DJ e musicisti locali.

La sua attività creativa corre di pari passo a un forte coinvolgimento su tematiche sociali, infatti la musica di Baud innerva moltissimi eventi segnatamente antisessisti e antirazzisti. Musica e impegno trovano la quadratura perfetta nell’evento “Electrofluid” che si svolge per un sabato al mese al Caracol di Pisa, un format che descrive perfettamente il sound eclettico e inclusivo di Baud e che richiama la partecipazione di un pubblico sempre positivo e eterogeneo.